In giurisprudenza e dottrina si distingue tra regolamento assembleare e regolamento contrattuale.
Il primo – ai sensi dell’art. 1136 cod.civ. – è approvato, sia in prima sia in seconda convocazione, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio ; questo tipo di regolamento non può incidere sui diritti dominicali (cioè, sui diritti proprietari) dei singoli condòmini.
Diversamente, il regolamento contrattuale è un regolamento formato con il consenso unanime di tutti i condòmini (anche in assemblea) ovvero predisposto dal costruttore e accettato dagli stessi condòmini nei loro atti di acquisto.
A differenza di quello assembleare, può contenere – secondo la giurisprudenza – limitazioni ai poteri dei condòmini e ai loro diritti sui beni comuni o individuali (cfr., fra le altre, Cass. sent. n. 1195 del 6.2.1987).
Peraltro, va sottolineato, in materia, che le clausole dei regolamenti contrattuali hanno natura convenzionale – secondo pacifico orientamento della giurisprudenza (cfr. Cass. sez. un. sent. n. 943 del 30.12.1999) – soltanto qualora si tratti di pattuizioni limitatrici dei diritti dei condòmini sulle proprietà esclusive o comuni, ovvero attributive ad alcuni condòmini di maggiori diritti rispetto ad altri; diversamente, qualora si limitino a disciplinare l’uso dei beni comuni, esse vanno considerate di natura regolamentare.
Questo significa che clausole di quest’ultimo tipo, ancorché inserite in un regolamento contrattuale, non necessitano – per essere modificate – del consenso totalitario dei condòmini, è sufficiente una semplice delibera adottata con la maggioranza prescritta dal citato art. 1136 cod. civ.
Tutto quanto sopra è di particolare importanza perché avere presente, da parte dell’amministratore, la distinzione tra regolamento contrattuale e regolamento assembleare consente di risolvere la gran parte delle questioni che possono sorgere in ambito condominiale.
Così, ad esempio, se un regolamento contrattuale contiene il divieto di destinare un’unità immobiliare ad una determinata attività (es.: ufficio, laboratorio medico ecc.) o una parte comune ad un particolare utilizzo (es.: parcheggio di autoveicoli), tale divieto è legittimo e va necessariamente osservato.
La stessa cosa non può dirsi, invece, se il medesimo divieto è contenuto in un regolamento assembleare.
In ogni caso occorre sapere che qualsiasi tipo di regolamento, e quindi anche quello di natura contrattuale, non può derogare – a norma dell’art. 1138 e dell’art. 72 disp. att. cod. civ. – a determinate previsioni contenute nel codice civile (artt. 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136, 1137) e nelle sue disposizioni di attuazione (artt. 63, 66, 67, 69).
Affinché un regolamento contrattuale sia vincolante per i successivi acquirenti di un’unità immobiliare in condominio, deve essere o richiamato nei singoli atti di acquisto unitamente all’esplicita indicazione di eventuali limitazioni (cfr. Cass. sent. n. 26010 del 14.4.1983) o trascritto presso i Servizi di pubblicità immobiliare (ex Conservatorie dei registri immobiliari) dell’Agenzia delle entrate (cfr. Cass. 13164 del 25.10.2001).
Inoltre, nel caso in cui i condòmini siano più di dieci e l’assemblea non voglia o non possa approvare il regolamento sottoposto al suo esame, ogni condomino interessato potrà investire della questione l’autorità giudiziaria.